Ecco il racconto di Orbea, un viaggio che attraversa secoli di storia, trasformazioni audaci e l’indomito spirito di una comunità.
La storia…
Nel cuore pulsante dei Paesi Baschi, nella laboriosa Eibar, la storia di Orbea affonda le sue radici in un’epoca lontana, intorno al 1840. Non con il fruscio delle ruote, ma con il clangore delle armi. I fratelli Orbea – Casimiro, Juan Manuel, Mateo e Petra – erano artigiani d’eccellenza, maestri nella forgiatura di archibugi e pistole, le cui creazioni, spesso impreziosite da intarsi in damasco e personalizzazioni uniche, viaggiavano oltreoceano, finendo nelle mani di eserciti e forze di polizia in Europa e America.1 La loro bottega, la prima vera fabbrica di Eibar, era un crogiolo di innovazione e ambizione, un luogo dove la precisione dell’acciaio si fondeva con l’arte.1
Ma il vento della storia cambia direzione. Dopo la Grande Guerra, l’industria delle armi, che aveva conosciuto un boom effimero, si trovò di fronte a un declino improvviso e a nuove, stringenti normative.1 Mantenere un’occupazione così vasta divenne insostenibile. Fu in questo clima di incertezza, tra scioperi e difficoltà, che Orbea, con la sua innata capacità di reinventarsi, cercò una nuova strada.1 Negli anni ’20, la decisione fu presa: l’acciaio che un tempo forgiava armi avrebbe ora dato vita a biciclette.1 Fu una transizione audace, che richiese un adattamento radicale del modello produttivo, ma Orbea si lanciò con una mentalità industriale ferrea, puntando subito su prodotti di alta gamma.1
Le prime biciclette Orbea non tardarono a farsi notare. Negli anni ’30, il marchio equipaggiò i migliori ciclisti dell’epoca, come Mariano Cañardo, Federico Ezquerra e i fratelli Montero, cementando il suo nome nel nascente mondo del ciclismo competitivo.1 Possedere una bicicletta Orbea in Spagna, negli anni ’40, ’50 e ’60, divenne un simbolo di libertà, quasi un premio per gli studenti più meritevoli.1 La fabbrica di Eibar, nel 1946, era un’entità autosufficiente, con mille dipendenti e una produzione annuale di 50.000 biciclette, capaci di fabbricare ogni singolo componente.7 Orbea si avventurò persino nel mondo dei ciclomotori, producendo su licenza il popolare Velosolex, la “bicicletta che cammina da sola”, un’innovazione che le permise di diversificare e raggiungere ricavi record nel 1963.3
Ma il successo, a volte, è un’illusione fugace. Alla fine degli anni ’60, la Spagna fu colpita da una grave crisi economica, e Orbea si trovò sull’orlo del baratro, con i salari sospesi e la minaccia del fallimento che incombeva su 1.500 famiglie.3 Fu in quel momento che lo spirito di comunità, così radicato nei Paesi Baschi, si manifestò in tutta la sua forza. I lavoratori, con un atto di coraggio e determinazione, si unirono, acquistarono l’azienda dalla famiglia Orbea e la trasformarono in una cooperativa.1 Questa non fu solo una transazione commerciale, ma una rinascita, un “nuovo soffio di vita” che salvò non solo un marchio, ma un intero tessuto sociale.3
La neonata cooperativa, entrata a far parte del Gruppo Cooperativo Mondragon nel 1971 9, si trovò di fronte a nuove sfide. La vecchia fabbrica di Eibar era ormai troppo piccola.3 La soluzione fu un trasferimento strategico a Mallabia, a pochi chilometri di distanza, dove fu costruita una nuova struttura più grande e accessibile.3 Qui, Orbea si concentrò inizialmente sulla produzione di biciclette per il tempo libero, diventando un punto di riferimento nel segmento.3 Ma i margini di profitto erano esigui, e la cooperativa capì che per prosperare doveva osare di più.3
Gli anni ’80 segnarono il ritorno di Orbea al ciclismo agonistico. Con la creazione di una squadra corse, il marchio volle dimostrare la sua capacità di produrre macchine competitive, non solo biciclette per il tempo libero.1 L’ingaggio di campioni come Jokin Mujika, Peio Ruiz Cabestany e, soprattutto, Pedro Delgado, fu una mossa vincente.1 La vittoria di Perico Delgado alla Vuelta a España del 1985 fu un momento epocale, un’iniezione di speranza per tutti coloro che avevano creduto nel marchio.1 Le successive vittorie di Perico al Tour de France e i successi di Marino Lejarreta consolidarono la reputazione di Orbea come produttore di biciclette affidabili e vincenti.1
Poi, negli anni ’90, esplose il fenomeno delle mountain bike (BTT).1 Orbea rispose con un’ondata di produzione, promozioni aggressive e vendite nei centri commerciali.1 Fu un periodo di frenesia, seguito però da una “lunga e pesante digestione” e da una crisi nel 1995, che fu “peggiore di quella recente”.1 La ripresa arrivò con una nuova scommessa: la specializzazione.11 Orbea si concentrò su biciclette su misura per i professionisti, realizzate con i migliori materiali, diventando uno dei maggiori produttori europei di telai.11 Questo portò al lancio di prodotti iconici come la prima Orca tra il 2003 e il 2011, un modello che, insieme ad Alma e ad altre nuove linee di prodotti (caschi, abbigliamento ciclistico, Orca Triathlon), segnò una fase di grande innovazione.12 L’impatto fu enorme, con medaglie d’oro olimpiche per Samuel Sánchez e Julien Absalon a Pechino 2008, e un’espansione significativa nel mercato statunitense.5
L’innovazione non si fermò. Orbea introdusse il programma di personalizzazione MyO, che permette ai ciclisti di configurare la propria bicicletta scegliendo colori, componenti e dimensioni, rendendo ogni Orbea un pezzo unico, quasi un’opera d’arte su misura.5 Questa capacità di offrire prodotti personalizzati è un segno distintivo del marchio, che cerca di essere “vicino agli utenti” e di realizzare la “bicicletta dei loro sogni”.11
Per quanto riguarda la gestione dei prezzi, Orbea ha sempre cercato un equilibrio tra qualità e accessibilità.16Tuttavia, il mercato globale è in costante mutamento. Recentemente, l’azienda è stata costretta ad aumentare i prezzi a causa dell’aumento dei costi delle materie prime come alluminio, acciaio e carbonio, dell’incremento dei prezzi del carburante e dei costi di trasporto sproporzionati dovuti alla carenza di container e alla congestione portuale.17 A ciò si sono aggiunte le interruzioni nella fornitura di componenti, che hanno costretto Orbea ad adattare le specifiche dei prodotti pur mantenendo la qualità.17 L’azienda ha resistito il più a lungo possibile, ma alla fine ha dovuto allinearsi ad altri marchi del settore.17 Nonostante ciò, Orbea ha cercato di mitigare l’impatto, mantenendo i prezzi originali per le biciclette già prenotate e confermate dai rivenditori.17
Il modello cooperativo continua a influenzare profondamente le decisioni aziendali di Orbea. In un contesto di mercato instabile, caratterizzato da un eccesso di offerta e sconti generalizzati che hanno eroso i margini di molti concorrenti, Orbea è rimasta “fedele ai suoi principi”.18 Ha mantenuto una “strategia di vendita prudente e responsabile”, chiudendo l’anno fiscale 2024 con un calo moderato dei ricavi ma con un impatto minimo sui margini, un risultato considerato “straordinario”.18 Quasi il 20% dei profitti viene destinato a fondi di solidarietà e azione sociale della cooperativa, e la recente creazione della Fondazione Orbea sottolinea ulteriormente il suo impegno a generare un impatto positivo sulla società attraverso il potere trasformativo della bicicletta.18
Orbea è più di un’azienda; è una comunità, un’eredità vivente che si adatta e si reinventa continuamente.2 Dalle armi alle biciclette, dalla crisi alla cooperativa, dalla produzione di massa alla personalizzazione artigianale, la sua storia è un inno alla resilienza, all’innovazione e alla profonda connessione con le sue radici basche e con la passione per il ciclismo.2 Il futuro, con l’espansione delle capacità produttive e logistiche e lo sviluppo di nuove tecnologie, promette di essere un altro capitolo di questa straordinaria saga.18